Non è soltanto in Italia, o addirittura a Bologna, o nel paesino di Casarsa che vide i suoi anni giovanili, che quest’anno ricorre il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini. Ricorre in tutto il mondo, come è naturale. Certo, in Cappadocia o ad Aleppo, in Siria, dove Pasolini girò alcune scene dei suoi film degli anni Sessanta, nessuno più si ricorderà di quest’uomo dal fisico asciutto, che gridava «Azione!» con voce un po’ stridula. Per fortuna alcune foto bellissime lo ritraggono sul set, in mezzo alla polvere di quei paesi lontani, in compagnia delle star di quel cinema italiano. Ma soprattutto, rimangono i cappelli.
Su il cappello e: Azione!
A Matera, ad esempio, chi mai aveva visto un copricapo come quello indossato dai Farisei del film del Vangelo secondo Matteo (1964)? Pasolini come al solito traeva ispirazione dai suoi pittori preferiti. Ecco che quelle corone intrecciate di paglia bianca, che crescono come palazzi sulla testa degli attori, somigliano a quelle dipinte da Piero della Francesca, qualche secolo prima. Nel cinema di Pasolini gli abiti trasformano i personaggi, risaltano un tratto nascosto del loro volto, o perfino del carattere. Ma succede anche a noi, coi cappelli che appendiamo fuori l’uscio di casa. E non serve che li abbia disegnati Pasolini.
I costumi di scena e l’arte italiana