ANTICONVENZIONALE
PER TRADIZIONE
UN TRIBUTO A WANNY DI FILIPPO
ANTICONVENZIONALE
PER TRADIZIONE
UN TRIBUTO A WANNY DI FILIPPO
UN INVESTIMENTO SUL FUTURO
LE RADICI CONTANO
Quest’anno Il Bisonte compie 55 anni. Abbiamo scelto di festeggiare questa nuova tappa della nostra storia celebrando il fondatore del brand e, insieme a lui, l’archivio storico e le radici forti che sostengono e nutrono ancora oggi l’azienda, il suo stile e i suoi valori.
Perché Wanny non ha semplicemente fondato un brand, ma lo ha plasmato giorno dopo giorno a misura dei suoi sogni, della sua creatività, del suo sense of humor e del suo amore gioioso per la tradizione artigianale toscana.
Se i prodotti de Il Bisonte non seguono le mode stagionali è perché Wanny se ne è sempre allegramente infischiato. Se produce da sempre a Firenze è perché Wanny ha tracciato lì i confini di una filiera a KM30 unica al mondo. E se Il Bisonte usa solo pelli conciate al vegetale è perché Wanny ha fatto questa scelta d’amore per il pianeta più di mezzo secolo fa, ben prima che la sostenibilità diventasse un’urgenza.
Sono state le sue scelte, spesso istintive e sempre molto coraggiose, a dare forma e sostanza al solido DNA del brand, di cui – ancora oggi – Wanny Di Filippo e il suo archivio sono magnifici ambasciatori valoriali. È un autentico privilegio, per noi, raccogliere questa eredità e traghettarla nel futuro.
Hideo Shiomoto
Consigliere Delegato de Il Bisonte S.p.A
IN FUGA DALL’ORDINARIO
La biografia del fondatore de Il Bisonte è un inno alla gioia e alla libertà di essere unici. E lo è fin dal primo giorno. Wanny Di Filippo nasce ad Adria, in provincia di Rovigo, nel 1945. Viene al mondo il 14 febbraio, ma gli ultimi bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale impediscono a sua nonna di andare in municipio a registrarlo. Ci andrà un amico contadino qualche giorno dopo. E sbaglierà la data, per cui nei registri ufficiali risulta nato il 16.
Tutto va a modo suo anche col nome: la mamma vorrebbe chiamarlo Vanni, ma il prete che lo battezza si oppone perché “nel calendario dei santi non c’è nessuno che porti quel nome”. Gliene toccano due, di santi importanti: Giovanni e Antonio. Ma tutti, in famiglia e fuori, lo chiameranno sempre Vanni. La W e la y le aggiungerà lui dopo, per distinguersi dai troppi Vanni che lo circonderanno al suo arrivo a Firenze.
Fin da ragazzo Wanny ha un grande amore per l’arte, ma il padre – un pragmatico maresciallo dei Carabinieri – lo spinge a iscriversi a un istituto tecnico. Abbandonati gli studi, Wanny si fa assumere in un’officina meccanica e nel frattempo coltiva la sua passione per l’arte seguendo per corrispondenza le lezioni di pittura di una scuola parigina. Divenuto poi un rappresentante di pezzi di ricambio per automobili, viaggia molto, soprattutto nel centro e sud Italia. Sulle spiagge della Sardegna, durante i fine settimana, Wanny intreccia braccialetti e cinture e inventa borse che – in pieno spirito hippy – regala agli amici.
Nel 1969 quell’hobby diventa il suo lavoro. Un amico di famiglia gli chiede di disegnare una linea di borse per la sua azienda di pelletteria, ma le proposte di Wanny vengono considerate troppo innovative e lontane dalla moda del tempo e rifiutate in blocco. Invece di scoraggiarsi, Wanny decide di mettersi in proprio e nel 1970 apre il suo primo laboratorio artigiano nel cuore del centro storico di Firenze. È proprio lì, in un seminterrato di pochi metri quadrati ancora pieno del fango lasciato dalla drammatica alluvione che devastò Firenze nel novembre del 1966, che comincia la storia de Il Bisonte.
IL LAVORO DELL’ARTIGIANO
FARE CON LE MANI
“Ho sempre preferito usare le mani piuttosto che le parole. Sperimentavo, costruivo, provavo. Mettevo insieme due pelli, senza fodera, legate a mano, tutto assolutamente e rigorosamente al di fuori delle regole della pelletteria del tempo. Allora, come oggi, costruivo quello che mi veniva in mente. Era il mio modo di comunicare, di parlare. Ho lavorato con le mani senza spengere il cervello. Ho sempre avuto bisogno di vedere, toccare e odorare la mia opera. Per questo prima di disegnare un modello facevo il prototipo, prendendo in mano un pezzo di pelle e iniziando a piegarla. E se ottenevo una forma piacevole e funzionale, allora mi mettevo a disegnarla.
I miei modelli erano così essenziali che sembravano a tutti o troppo innovativi o troppo primitivi. Io, invece, sono sempre stato convinto che le cose che oggi ci sembrano assurde, un domani saranno possibili. Non mi sono mai curato troppo di chi mi metteva in guardia. Mi sono sempre spinto oltre i limiti delle convenzioni e delle tecniche usate da tutti.
E il fatto che Il Bisonte ancora oggi disegni le borse lasciandosi ispirare dalle pelli, che sia un’azienda amata in tutto il mondo, eppure visceralmente attaccata al saper fare con le mani degli artigiani fiorentini, e che riesca ad avere successo promuovendo un modello di business autenticamente artigianale mi dimostra che in fondo ho avuto ragione”.
Wanny Di Filippo
UN INVESTIMENTO SUL FUTURO
LE RADICI CONTANO
Quest’anno Il Bisonte compie 55 anni. Abbiamo scelto di festeggiare questa nuova tappa della nostra storia celebrando il fondatore del brand e, insieme a lui, l’archivio storico e le radici forti che sostengono e nutrono ancora oggi l’azienda, il suo stile e i suoi valori.
Perché Wanny non ha semplicemente fondato un brand, ma lo ha plasmato giorno dopo giorno a misura dei suoi sogni, della sua creatività, del suo sense of humor e del suo amore gioioso per la tradizione artigianale toscana.
Se i prodotti de Il Bisonte non seguono le mode stagionali è perché Wanny se ne è sempre allegramente infischiato. Se produce da sempre a Firenze è perché Wanny ha tracciato lì i confini di una filiera a KM30 unica al mondo. E se Il Bisonte usa solo pelli conciate al vegetale è perché Wanny ha fatto questa scelta d’amore per il pianeta più di mezzo secolo fa, ben prima che la sostenibilità diventasse un’urgenza.
Sono state le sue scelte, spesso istintive e sempre molto coraggiose, a dare forma e sostanza al solido DNA del brand, di cui – ancora oggi – Wanny Di Filippo e il suo archivio sono magnifici ambasciatori valoriali. È un autentico privilegio, per noi, raccogliere questa eredità e traghettarla nel futuro.
Hideo Shiomoto
Consigliere Delegato de Il Bisonte S.p.A
IN FUGA DALL’ORDINARIO
La biografia del fondatore de Il Bisonte è un inno alla gioia e alla libertà di essere unici. E lo è fin dal primo giorno. Wanny Di Filippo nasce ad Adria, in provincia di Rovigo, nel 1945. Viene al mondo il 14 febbraio, ma gli ultimi bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale impediscono a sua nonna di andare in municipio a registrarlo. Ci andrà un amico contadino qualche giorno dopo. E sbaglierà la data, per cui nei registri ufficiali risulta nato il 16.
Tutto va a modo suo anche col nome: la mamma vorrebbe chiamarlo Vanni, ma il prete che lo battezza si oppone perché “nel calendario dei santi non c’è nessuno che porti quel nome”. Gliene toccano due, di santi importanti: Giovanni e Antonio. Ma tutti, in famiglia e fuori, lo chiameranno sempre Vanni. La W e la y le aggiungerà lui dopo, per distinguersi dai troppi Vanni che lo circonderanno al suo arrivo a Firenze.
Fin da ragazzo Wanny ha un grande amore per l’arte, ma il padre – un pragmatico maresciallo dei Carabinieri – lo spinge a iscriversi a un istituto tecnico. Abbandonati gli studi, Wanny si fa assumere in un’officina meccanica e nel frattempo coltiva la sua passione per l’arte seguendo per corrispondenza le lezioni di pittura di una scuola parigina. Divenuto poi un rappresentante di pezzi di ricambio per automobili, viaggia molto, soprattutto nel centro e sud Italia. Sulle spiagge della Sardegna, durante i fine settimana, Wanny intreccia braccialetti e cinture e inventa borse che – in pieno spirito hippy – regala agli amici.
Nel 1969 quell’hobby diventa il suo lavoro. Un amico di famiglia gli chiede di disegnare una linea di borse per la sua azienda di pelletteria, ma le proposte di Wanny vengono considerate troppo innovative e lontane dalla moda del tempo e rifiutate in blocco. Invece di scoraggiarsi, Wanny decide di mettersi in proprio e nel 1970 apre il suo primo laboratorio artigiano nel cuore del centro storico di Firenze. È proprio lì, in un seminterrato di pochi metri quadrati ancora pieno del fango lasciato dalla drammatica alluvione che devastò Firenze nel novembre del 1966, che comincia la storia de Il Bisonte.
IL LAVORO DELL’ARTIGIANO
FARE CON LE MANI
“Ho sempre preferito usare le mani piuttosto che le parole. Sperimentavo, costruivo, provavo. Mettevo insieme due pelli, senza fodera, legate a mano, tutto assolutamente e rigorosamente al di fuori delle regole della pelletteria del tempo. Allora, come oggi, costruivo quello che mi veniva in mente. Era il mio modo di comunicare, di parlare. Ho lavorato con le mani senza spengere il cervello. Ho sempre avuto bisogno di vedere, toccare e odorare la mia opera. Per questo prima di disegnare un modello facevo il prototipo, prendendo in mano un pezzo di pelle e iniziando a piegarla. E se ottenevo una forma piacevole e funzionale, allora mi mettevo a disegnarla.
I miei modelli erano così essenziali che sembravano a tutti o troppo innovativi o troppo primitivi. Io, invece, sono sempre stato convinto che le cose che oggi ci sembrano assurde, un domani saranno possibili. Non mi sono mai curato troppo di chi mi metteva in guardia. Mi sono sempre spinto oltre i limiti delle convenzioni e delle tecniche usate da tutti.
E il fatto che Il Bisonte ancora oggi disegni le borse lasciandosi ispirare dalle pelli, che sia un’azienda amata in tutto il mondo, eppure visceralmente attaccata al saper fare con le mani degli artigiani fiorentini, e che riesca ad avere successo promuovendo un modello di business autenticamente artigianale mi dimostra che in fondo ho avuto ragione”.
Wanny Di Filippo
RIGOROSAMENTE ANARCHICO
STILE LIBERO
Barba lunga, sguardo generoso, capelli raccolti sotto l’immancabile cappello di feltro. Giacca dai colori sgargianti, aperta su un gilet vintage di velour. I pantaloni, colorati a mano, sono fermati da fibbie importanti, forgiate per lui da amici argentieri. Dalla tasca fa capolino un porta-monete in pelle conciata al vegetale, che cinque decenni d’utilizzo hanno invecchiato fino a farla diventare quasi nera. Gli ingredienti dello stile gioiosamente anarchico di Wanny sono una girandola di colori che danzano su materiali classici: pelle, cotone, lino, panno casentino, velluto, paglia.
Fotografatissimo durante le kermesse della moda, Wanny, anche con il suo stile, ha saputo e sa essere un ambasciatore del Made in Italy più autentico: ogni capo del suo vestiario racconta storie fatte di creatività innestata su un amore infinito per la qualità dei materiali e per la sapienza artigianale di chi li trasforma in cose uniche. Uniche e vere, proprio come lui.
WANNY TESTIMONIAL
UN FORMIDABILE TRASFORMISTA
Nonostante l’ostinata coerenza del suo stile, quando si è presentata l’occasione giusta per promuovere il suo brand, Wanny ha sempre sorpreso tutti dimostrando di essere un formidabile trasformista e di avere una visione del tutto anticonformista e irriverente della fashion communication. Con la giocosa ironia che lo contraddistingue, negli anni si è mutato in un omino Playmobil che indossa l’iconica borsa Caramella e in una chiavetta USB, (inesorabilmente sold out), prodotta come gadget a sua immagine e fedelissima somiglianza e si è infilato – da protagonista – nei fotogrammi di due cartoni animati, in cui riveste i panni per lui più che confortevoli del super-eroe. Nel primo è Mazinga, il robot che negli Anni Settanta ha segnato il primo successo planetario di un cartoon giapponese. Il suo compito è salvare Bison City da un terribile nemico, arrivato dallo spazio per trasformare i bisonti in bistecche. Wanny-Mazinga ci riuscirà grazie a un’arma segreta del tutto inaspettata: una maxi Doctor Bag de Il Bisonte.
WANNY TESTIMONIAL
UN FORMIDABILE TRASFORMISTA
Nonostante l’ostinata coerenza del suo stile, quando si è presentata l’occasione giusta per promuovere il suo brand, Wanny ha sempre sorpreso tutti dimostrando di essere un formidabile trasformista e di avere una visione del tutto anticonformista e irriverente della fashion communication. Con la giocosa ironia che lo contraddistingue, negli anni si è mutato in un omino Playmobil che indossa l’iconica borsa Caramella e in una chiavetta USB, (inesorabilmente sold out), prodotta come gadget a sua immagine e fedelissima somiglianza e si è infilato – da protagonista – nei fotogrammi di due cartoni animati, in cui riveste i panni per lui più che confortevoli del super-eroe. Nel primo è Mazinga, il robot che negli Anni Settanta ha segnato il primo successo planetario di un cartoon giapponese. Il suo compito è salvare Bison City da un terribile nemico, arrivato dallo spazio per trasformare i bisonti in bistecche. Wanny-Mazinga ci riuscirà grazie a un’arma segreta del tutto inaspettata: una maxi Doctor Bag de Il Bisonte.
WANNY DESIGNER
CREATIVITÀ GIOIOSA
Nel 1973, su una spiaggia di Forte dei Marmi, Wanny toglie da una sedia-sdraio la tela a strisce colorate che la riveste e decide di farne una borsa. Da quel gesto – tanto noncurante quanto sapiente – è nata Caramella, la prima e la più inconfondibile icona dello stile de Il Bisonte,
Ininterrottamente in produzione da più di cinquant’anni. Come Vagabonda (1976), Caramella è una borsa trasformabile, che cambia forma e funzione in base alle esigenze di chi la usa: borsa a mano per tutti i giorni, diventa una sacca da viaggio per il week-end o si assottiglia fino a sparire sul fondo di una valigia. Tutto agganciando o sganciando dei semplicissimi cinturini di pelle.
Seguiranno di lì a poco l’intramontabile zaino Trappola (1973), le iconiche Doctor Bag (1980) e Disco Bag (1982), la valigetta 48 ore che oggi porta il suo nome e una miriade di sperimentazioni su forme, colori e materiali, tutte conservate nello straordinario archivio storico de Il Bisonte, ancora oggi fonte inesauribile di ispirazione per i designer del brand.
UNA BORSA ICONICA
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI WANNY
Nel 2003, Wanny dimostra di non aver perso la sua voglia di sorprendere lanciando una linea di borse che vengono vendute smontate insieme a un kit di montaggio che include i bulloni, una chiave inglese a forma di bisonte e le istruzioni per l’assemblaggio. Quella collezione – che come era facile immaginare non diventa un best seller – racconta molto dell’approccio giocoso che Wanny conserva in tutte le cose che fa, anche in quelle apparentemente seriosissime come la 24 ore che – con un colpo di genio nascosto sotto un
gioco di cerniere – svelta al suo interno un inaspettato scomparto centrale, che si dilata fino a diventare una piccola valigia che trasforma le 24 ore in 48 e una giornata di lavoro in una trasferta. Quella cartella, oggi prodotta solo su ordinazione, è l’unica – tra le migliaia di borse disegnate da Wanny – a portare il suo nome ed è la capostipite di una grande famiglia di cartelle da lavoro intelligenti, amatissime in tutto il mondo. Tra gli appassionati della prima ora, Ralph Lauren che la porta sempre con sé da quasi 50 anni.
UNA BORSA ICONICA
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI WANNY
Nel 2003, Wanny dimostra di non aver perso la sua voglia di sorprendere lanciando una linea di borse che vengono vendute smontate insieme a un kit di montaggio che include i bulloni, una chiave inglese a forma di bisonte e le istruzioni per l’assemblaggio. Quella collezione – che come era facile immaginare non diventa un best seller – racconta molto dell’approccio giocoso che Wanny conserva in tutte le cose che fa, anche in quelle apparentemente seriosissime come la 24 ore che – con un colpo di genio nascosto sotto un
gioco di cerniere – svelta al suo interno un inaspettato scomparto centrale, che si dilata fino a diventare una piccola valigia che trasforma le 24 ore in 48 e una giornata di lavoro in una trasferta. Quella cartella, oggi prodotta solo su ordinazione, è l’unica – tra le migliaia di borse disegnate da Wanny – a portare il suo nome ed è la capostipite di una grande famiglia di cartelle da lavoro intelligenti, amatissime in tutto il mondo. Tra gli appassionati della prima ora, Ralph Lauren che la porta sempre con sé da quasi 50 anni.
BORSE DA MUSEO
INCURSIONI DELL’ARTE
Nel 2008, insieme all’amico James Bradburne, allora direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, Wanny comincia a disegnare le borse dei Family Kit della più prestigiosa sede espositiva fiorentina dedicata all’arte moderna e contemporanea. Per ogni mostra crea un piccolo capolavoro di inventiva e di ricercata artigianalità, ispirato alle opere esposte.
Per gli impressionisti, i primi a dipingere all’aria aperta, disegna un cesto da pic-nic in vimini con dentro una tavolozza; per Ai Wei Wei una borsa-gommone dedicata al dramma delle migrazioni; per i maestri del trompe-l’oeil una cappelliera coperta da un ologramma lenticolare; per Lucio Fontana, una borsa tagliata al vivo; per Caterina de’ Medici una special edition della Doctor Bag realizzata con un tappeto, ispirato ai magnifici arazzi realizzati per la futura regina di Francia e per Picasso una hand-bag cubica gialla, rossa e blu.
WANNY TIFOSO
L’AVVENTURA NELLA PALLAVOLO
“Non ha alcun senso essere il più ricco del cimitero”: è semplice, lapidaria, chiarissima la risposta di Wanny Di Filippo a chi gli chiede perché, dal 2003, abbia investito una parte significativa del suo patrimonio aziendale (e poi personale) per sostenere una piccola squadra di pallavolo femminile di provincia e per trasformarla in un team che oggi milita nella serie A italiana.
L’ennesima sfida vinta, subito seguita da un più ampio programma solidale che in vent’anni ha permesso a migliaia di giovani ragazze della provincia di Firenze di praticare sport senza gravare sulle finanze familiari e di farlo in un magnifico palazzetto dello sport, che Wanny ha donato al Comune di Firenze. Sugli spalti, colorati come la tela da mare con cui ha creato la sua prima Caramella, Wanny non manca mai, con i suoi calzini spaiati porta-fortuna e con la convinzione che la determinazione e il coraggio, nella moda come nella vita, facciano sempre la differenza.
WANNY TIFOSO
L’AVVENTURA NELLA PALLAVOLO
“Non ha alcun senso essere il più ricco del cimitero”: è semplice, lapidaria, chiarissima la risposta di Wanny Di Filippo a chi gli chiede perché, dal 2003, abbia investito una parte significativa del suo patrimonio aziendale (e poi personale) per sostenere una piccola squadra di pallavolo femminile di provincia e per trasformarla in un team che oggi milita nella serie A italiana.
L’ennesima sfida vinta, subito seguita da un più ampio programma solidale che in vent’anni ha permesso a migliaia di giovani ragazze della provincia di Firenze di praticare sport senza gravare sulle finanze familiari e di farlo in un magnifico palazzetto dello sport, che Wanny ha donato al Comune di Firenze. Sugli spalti, colorati come la tela da mare con cui ha creato la sua prima Caramella, Wanny non manca mai, con i suoi calzini spaiati porta-fortuna e con la convinzione che la determinazione e il coraggio, nella moda come nella vita, facciano sempre la differenza.