Il valore dello slow fashion
Inutile nasconderlo: tutto quello che si produce ha un impatto in termini di inquinamento, di produzione di rifiuti e di consumo di acqua. Il comparto moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di CO2.
Le cause? Le racconta a chiare lettere un’approfondita ricerca pubblicata su Nature: si produce male (ovvero senza tenere conto delle conseguenze di come produciamo), ma soprattutto si produce troppo.
La brutta notizia è che l’iper-produzione – conseguenza diretta del fast-fashion – è in ulteriore crescita: un recente rapporto ONU attesta che negli ultimi venti anni la produzione di abiti nel mondo è raddoppiata.
La buona notizia arriva invece dall’Unione Europea che si è dotata della sua prima strategia per combattere l’iper-produzione attraverso un pacchetto di norme che possiamo riassumere in un nuovo precetto: dobbiamo allungare la vita dei prodotti. Le parole d’ordine sono riciclo, riparazione e riutilizzo, ma anche e soprattutto design e produzione responsabile. Per la prima volta l’Europa mette nero su bianco che il problema sta alla radice: per produrre meno si devono produrre prodotti pensati e lavorati per essere resistenti, affidabili, utilizzabili a lungo. Dal 2030 quelli che risponderanno a questi parametri avranno un Digital Product Passport comunitario, che li traccerà lungo tutto il loro ciclo produttivo e ne semplificherà la riparazione o il riciclaggio.
La proposta dell’UE contiene anche delle misure per limitare la distruzione dei capi invenduti e incentivare (in termini fiscali, ma non solo) i marchi che lanciano sul mercato meno collezioni e che le producono con supply chain sostenibili.
È chiaro che per dare sostanza a questo cambiamento radicale di modello di business è necessario cambiare anche le abitudini di acquisto: alla bulimia dei consumi alimentata dalle dinamiche perverse del fast-fashion deve insomma subentrare il desiderio di stabilire relazioni durature con le cose che compriamo. È dunque nella condivisione di intenti e nell’assunzione di una responsabilità comune che sta la chiave di volta per un autentico cambio di prospettiva.
A Il Bisonte siamo pronti da cinquant’anni e chi ama il nostro brand riconosce da sempre il valore dello slow fashion.
Produrre bene
Mani sapienti
A chi mi chiede perché Il Bisonte sia tanto amato in un paese esigente come il Giappone rispondo sempre che è perché condividiamo la stessa ossessione per il ben fatto, la stessa attenzione intransigente a ogni dettaglio e la stessa consapevolezza che la qualità richiede tempo.
Ma le parole, si sa, hanno un peso specifico molto basso. A dar loro consistenza sono i fatti. Per questo abbiamo immaginato questo numero del Magazine come un viaggio dietro le quinte del nostro marchio, alle radici del nostro modo di fare impresa e di pensare e produrre le nostre borse e i nostri accessori.
Un viaggio lento come sono lente tutte le fasi di lavorazione di ognuno dei nostri prodotti. Un viaggio fatto di azioni e tracciato dai movimenti delle mani dei nostri artigiani. Mani sapienti che, uniche al mondo, custodiscono e tramandano tradizioni manifatturiere che in Toscana hanno origini millenarie e che mantengono, attraverso i secoli, tutta la loro sorprendente attualità. Un viaggio che porta a pochi prodotti per ogni stagione, da comprare ora e da amare per sempre.
Luigi Ceccon
Amministratore Delegato de Il Bisonte S.p.A.
Affrettati lentamente
Festina lente
Questo numero del nostro magazine deve il suo sottotitolo (e molti spunti di riflessione) da un piccolo grande libro scritto dal medico e ricercatore toscano Lamberto Maffei, già direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR e presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Il suo “Elogio della lentezza” è la lettura che vi consigliamo per affrontare in modo consapevole la complessità del nostro rapporto con i consumi. Il suo pensiero lucido, critico e irriverente a noi è stato molto utile per non sentirci soli nel rivendicare il diritto di percorrere strade diverse.
Il volumetto si apre con la descrizione di una miriade di tartarughe che sul carapace portano una grande vela gonfiata dal vento. Alcune di queste si possono vedere sul soffitto e sulle pareti del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze, accompagnate da un ammonimento in forma di ossimoro: festina lente, che significa affrettati lentamente.
È forse da questo motto latino, così amato da Cosimo I de’ Medici da diventare il simbolo stesso del suo modello di governo, che vale la pena ripartire, concedendoci il tempo per porci alla maniera degli antichi le domande più urgenti su come viviamo, produciamo e consumiamo oggi.
In un mondo che corre senza tregua come quello della moda c’è spazio per la lentezza. C’è tempo per la riflessione.
C’è un modo per sottrarsi alla cultura della rapidità.
Produrre bene
Mani sapienti
A chi mi chiede perché Il Bisonte sia tanto amato in un paese esigente come il Giappone rispondo sempre che è perché condividiamo la stessa ossessione per il ben fatto, la stessa attenzione intransigente a ogni dettaglio e la stessa consapevolezza che la qualità richiede tempo.
Ma le parole, si sa, hanno un peso specifico molto basso. A dar loro consistenza sono i fatti. Per questo abbiamo immaginato questo numero del Magazine come un viaggio dietro le quinte del nostro marchio, alle radici del nostro modo di fare impresa e di pensare e produrre le nostre borse e i nostri accessori.
Un viaggio lento come sono lente tutte le fasi di lavorazione di ognuno dei nostri prodotti. Un viaggio fatto di azioni e tracciato dai movimenti delle mani dei nostri artigiani. Mani sapienti che, uniche al mondo, custodiscono e tramandano tradizioni manifatturiere che in Toscana hanno origini millenarie e che mantengono, attraverso i secoli, tutta la loro sorprendente attualità. Un viaggio che porta a pochi prodotti per ogni stagione, da comprare ora e da amare per sempre.
Luigi Ceccon
Amministratore Delegato de Il Bisonte S.p.A.
Il valore dello slow fashion
Inutile nasconderlo: tutto quello che si produce ha un impatto in termini di inquinamento, di produzione di rifiuti e di consumo di acqua. Il comparto moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di CO2.
Le cause? Le racconta a chiare lettere un’approfondita ricerca pubblicata su Nature: si produce male (ovvero senza tenere conto delle conseguenze di come produciamo), ma soprattutto si produce troppo.
La brutta notizia è che l’iper-produzione – conseguenza diretta del fast-fashion – è in ulteriore crescita: un recente rapporto ONU attesta che negli ultimi venti anni la produzione di abiti nel mondo è raddoppiata.
La buona notizia arriva invece dall’Unione Europea che si è dotata della sua prima strategia per combattere l’iper-produzione attraverso un pacchetto di norme che possiamo riassumere in un nuovo precetto: dobbiamo allungare la vita dei prodotti. Le parole d’ordine sono riciclo, riparazione e riutilizzo, ma anche e soprattutto design e produzione responsabile. Per la prima volta l’Europa mette nero su bianco che il problema sta alla radice: per produrre meno si devono produrre prodotti pensati e lavorati per essere resistenti, affidabili, utilizzabili a lungo. Dal 2030 quelli che risponderanno a questi parametri avranno un Digital Product Passport comunitario, che li traccerà lungo tutto il loro ciclo produttivo e ne semplificherà la riparazione o il riciclaggio.
La proposta dell’UE contiene anche delle misure per limitare la distruzione dei capi invenduti e incentivare (in termini fiscali, ma non solo) i marchi che lanciano sul mercato meno collezioni e che le producono con supply chain sostenibili.
È chiaro che per dare sostanza a questo cambiamento radicale di modello di business è necessario cambiare anche le abitudini di acquisto: alla bulimia dei consumi alimentata dalle dinamiche perverse del fast-fashion deve insomma subentrare il desiderio di stabilire relazioni durature con le cose che compriamo. È dunque nella condivisione di intenti e nell’assunzione di una responsabilità comune che sta la chiave di volta per un autentico cambio di prospettiva.
A Il Bisonte siamo pronti da cinquant’anni e chi ama il nostro brand riconosce da sempre il valore dello slow fashion.
Affrettati lentamente
Festina lente
Questo numero del nostro magazine deve il suo sottotitolo (e molti spunti di riflessione) da un piccolo grande libro scritto dal medico e ricercatore toscano Lamberto Maffei, già direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR e presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Il suo “Elogio della lentezza” è la lettura che vi consigliamo per affrontare in modo consapevole la complessità del nostro rapporto con i consumi. Il suo pensiero lucido, critico e irriverente a noi è stato molto utile per non sentirci soli nel rivendicare il diritto di percorrere strade diverse.
Il volumetto si apre con la descrizione di una miriade di tartarughe che sul carapace portano una grande vela gonfiata dal vento. Alcune di queste si possono vedere sul soffitto e sulle pareti del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze, accompagnate da un ammonimento in forma di ossimoro: festina lente, che significa affrettati lentamente.
È forse da questo motto latino, così amato da Cosimo I de’ Medici da diventare il simbolo stesso del suo modello di governo, che vale la pena ripartire, concedendoci il tempo per porci alla maniera degli antichi le domande più urgenti su come viviamo, produciamo e consumiamo oggi.
In un mondo che corre senza tregua come quello della moda c’è spazio per la lentezza. C’è tempo per la riflessione.
C’è un modo per sottrarsi alla cultura della rapidità.
Concia
La perfezione richiede tempo
Se si chiede ad Alberto, maestro conciatore di Santa Croce sull’Arno, se una pelle è perfetta o no, è probabile che risponda: “Te lo dico tra vent’anni”. In quel distretto a metà strada tra Firenze e Pisa, dove la concia delle pelli è una questione di famiglia i cui segreti si tramandano di padre in figlio, non c’è spazio per la fretta. Se una pelle è perfetta lo dirà, con il tempo, la sua capacità di invecchiare splendidamente.
La vacchetta conciata al vegetale, da sempre materiale di elezione de Il Bisonte, e la vacchetta a bio-concia che la affianca nelle nuove collezioni, impiegano tantissimo anche a nascere: da quando le pelli grezze, conservate sotto sale, cominciano a essere lavorate a quando sono pronte per essere utilizzate passano non meno di 20 giorni, durante i quali vengono lavate e reidratate, passate più volte nei bottali e trattate con sostanze vegetali, come il tannino, per poi essere lasciate a “seccare” all’aria.
Se si chiede ad Alberto se ci siano scorciatoie, ti guarda incredulo, scuote le spalle e se ne va.
Cartamodello
Istruzioni di viaggio
Quando arriva nei nostri laboratori per essere trasformata in una borsa o in un accessorio, ogni pezza di pelle affronta un viaggio lungo che la conduce – passo dopo passo – di isola in isola.
Ogni isola corrisponde a una sosta e ogni sosta a una sola lavorazione. È un percorso complesso durante il quale tante le mani diverse e tanti strumenti danno forma al risultato finale.
Il cartamodello è la mappa dettagliatissima che la borsa porta con sé dall’inizio alla fine del suo ciclo produttivo. Su quel foglio preparato con accuratezza stampando su cartoncino bianco coloratissimi file CAD c’è già tutto, fin nei minimi particolari: la sagoma di ogni componente, la posizione in cui applicare gli accessori metallici, la distanza delle cuciture dal bordo e di ogni punto da quello dopo. Nel viaggio lento di ciascuno dei nostri prodotti, nulla è lasciato al caso.
Cartamodello
Istruzioni di viaggio
Quando arriva nei nostri laboratori per essere trasformata in una borsa o in un accessorio, ogni pezza di pelle affronta un viaggio lungo che la conduce – passo dopo passo – di isola in isola.
Ogni isola corrisponde a una sosta e ogni sosta a una sola lavorazione. È un percorso complesso durante il quale tante le mani diverse e tanti strumenti danno forma al risultato finale.
Il cartamodello è la mappa dettagliatissima che la borsa porta con sé dall’inizio alla fine del suo ciclo produttivo. Su quel foglio preparato con accuratezza stampando su cartoncino bianco coloratissimi file CAD c’è già tutto, fin nei minimi particolari: la sagoma di ogni componente, la posizione in cui applicare gli accessori metallici, la distanza delle cuciture dal bordo e di ogni punto da quello dopo. Nel viaggio lento di ciascuno dei nostri prodotti, nulla è lasciato al caso.
Taglio
Il segreto è nell’attesa
Con le nuove tecnologie, il taglio è questione di un attimo. La lama scende sulla pezza di pelle in un batter di ciglia e, quando si rialza, tutti i pezzi necessari per costruire la borsa sono già lì, tagliati alla perfezione.
Questo gesto fulmineo, precisissimo nella sua immediatezza, è in realtà il frutto di un pensiero lento e di una strategia meditata.
L’attesa, in questo caso, si chiama piazzamento e consiste nella disposizione attenta e meticolosa di ogni sagoma da tagliare su un desk digitale. Lo scopo del gioco, che assomiglia molto a un Tetris, è affiancare più pezzi di borsa possibile nella minima superficie di pelle necessaria. Più l’umano-piazzatore è bravo in questo gioco di ribaltamenti e incastri, più la macchina è virtuosa nel ridurre gli sprechi.
L’obiettivo è ridurre al minimo gli scarti di pelle (che comunque a Il Bisonte vengono utilizzati per restaurare prodotti vintage o per la produzione di piccoli accessori).
Assemblaggio
Dalla corteccia al tronco
Capita che gli alberi, dalla cui corteccia si ottiene la polvere di tannino impiegata nella concia della pelle, tornino in gioco anche nel bel mezzo della produzione di una borsa. Succede quando (come nella nuova linea Maggio) il design di una borsa è particolarmente strutturato. In questi casi, l’assemblaggio dei diversi componenti viene fatto utilizzando uno strumento antico che resta insostituibile per la sua capacità di plasmare la pelle come una scultura: la forma di legno.
Ne esiste una e una sola per ogni modello ed è intorno alla sua sagoma solida e precisa che la borsa prende quella consistenza unica che disegna le sue linee in modo inconfondibile e permanente.
Le forme che utilizziamo a Il Bisonte sono prodotte artigianalmente usando il legno del faggio, un albero maestoso che cresce in abbondanza nei boschi della Toscana. È un materiale particolarmente adatto a quest’uso non solo perché è compatto e a grana regolare, ma anche perché è molto resistente ai colpi dei martelli, impiegati per fissare saldamente gli incollaggi.
Assemblaggio
Dalla corteccia al tronco
Capita che gli alberi, dalla cui corteccia si ottiene la polvere di tannino impiegata nella concia della pelle, tornino in gioco anche nel bel mezzo della produzione di una borsa. Succede quando (come nella nuova linea Maggio) il design di una borsa è particolarmente strutturato. In questi casi, l’assemblaggio dei diversi componenti viene fatto utilizzando uno strumento antico che resta insostituibile per la sua capacità di plasmare la pelle come una scultura: la forma di legno.
Ne esiste una e una sola per ogni modello ed è intorno alla sua sagoma solida e precisa che la borsa prende quella consistenza unica che disegna le sue linee in modo inconfondibile e permanente.
Le forme che utilizziamo a Il Bisonte sono prodotte artigianalmente usando il legno del faggio, un albero maestoso che cresce in abbondanza nei boschi della Toscana. È un materiale particolarmente adatto a quest’uso non solo perché è compatto e a grana regolare, ma anche perché è molto resistente ai colpi dei martelli, impiegati per fissare saldamente gli incollaggi.
Cucitura
Anni di esperienza, in ogni punto
Per cucire una borsa servono mani esperte, formate da anni di pratica. Sia che si tratti di una cucitura a maglietta fatta a mano sia che si usi la macchina, il savoir faire della cucitura non s’improvvisa. Anche in questo caso, dunque, è il tempo a fare la differenza. Un tempo scandito dagli anni di fedeltà di un maestro artigiano alla sua azienda e un tempo fatto di cura attenta a ogni minimo dettaglio. Basta un errore piccolissimo e tutto è da rifare. A Il Bisonte cuciamo a mano quello che – nonostante l’eccellenza delle nuove macchine – solo le mani sanno fare. Se una cucitura a macchina è normalmente più uniforme, la cucitura a mano resta, ad esempio, imbattibile per le impunture più resistenti oltre che per il tocco di unicità che dà a ciascuna borsa. Nella nuova collezione usiamo solo fili di cotone che sono poco elastici e quindi più resistenti, ma anche più difficili da lavorare di quelli in nylon. Per farli scorrere più facilmente il trucco è la cera d’api, che serve anche a saldare fermamente ciascun punto.
Intrecci e nodi
I gesti della tradizione
Nel 1930 un amico di Mondrian gli chiese di suggerirgli un titolo per una piccola rivista che voleva pubblicare. “STOP!” gli propose il grande artista, “perché tutto sta andando troppo veloce”.
Nella creazione dei nostri prodotti, ci sono cose per fare le quali bisogna effettivamente fermare il tempo, scordarsi le logiche della produzione industriale e lavorare come si faceva una volta. Tra queste ci sono gli intrecci e i nodi che disegnano l’estetica e sovrintendono alla funzionalità di alcuni dei modelli più iconici della nuova collezione.
Annodiamo e fermiamo a mano i tubolari della capsule collection Snodo e gli intrecci della linea Fiaba per il più semplice dei motivi: non esiste nessuna macchina che possa sostituire la cura paziente delle mani di un artigiano.
Lo sappiamo fin dalle nostre origini e conserviamo questa attitudine come un tesoro prezioso, consapevoli che è proprio per questo che ognuna delle nostre borse e ognuno dei nostri accessori di piccola pelletteria è davvero un pezzo unico.
Intrecci e nodi
I gesti della tradizione
Nel 1930 un amico di Mondrian gli chiese di suggerirgli un titolo per una piccola rivista che voleva pubblicare. “STOP!” gli propose il grande artista, “perché tutto sta andando troppo veloce”.
Nella creazione dei nostri prodotti, ci sono cose per fare le quali bisogna effettivamente fermare il tempo, scordarsi le logiche della produzione industriale e lavorare come si faceva una volta. Tra queste ci sono gli intrecci e i nodi che disegnano l’estetica e sovrintendono alla funzionalità di alcuni dei modelli più iconici della nuova collezione.
Annodiamo e fermiamo a mano i tubolari della capsule collection Snodo e gli intrecci della linea Fiaba per il più semplice dei motivi: non esiste nessuna macchina che possa sostituire la cura paziente delle mani di un artigiano.
Lo sappiamo fin dalle nostre origini e conserviamo questa attitudine come un tesoro prezioso, consapevoli che è proprio per questo che ognuna delle nostre borse e ognuno dei nostri accessori di piccola pelletteria è davvero un pezzo unico.
Dietro le quinte della collezione AI23
Una collezione Manifesto
Viola Iris, Rosa Azalea, Verde Cipresso e Bosco: i nuovi colori della Collezione AI23 sono tutti ispirati a quelli dei fiori e delle piante di Orti Dipinti, il community Garden nel centro di Firenze che ci siamo impegnati a far crescere e che abbiamo raccontato nel numero 0 del nostro Magazine. “Dietro le nostre scelte stilistiche – racconta Luigi Ceccon – c’è sempre quello che siamo: un’azienda profondamente radicata in un territorio la cui bellezza non finisce mai di ispirarci, una comunità di artigiani capaci di lavorare la pelle come nessun altro al mondo e un management che si impegna con tenacia a contribuire a creare un futuro migliore per le persone e per il pianeta. Ognuna delle nostre borse è un manifesto di questo impegno”. Osservare da dietro le quinte la nuova collezione serve soprattutto a questo: a fare un viaggio alla scoperta dell’incredibile lavoro artigianale che c’è dietro ogni prodotto, della cura appassionata di ogni dettaglio e dei processi produttivi che fanno tesoro del talento delle persone e rispettano l’ambiente.
Design responsabile
Utilizzare elementi funzionali come elementi stilistici e valorizzare la naturale consistenza delle pelli significa scegliere consapevolmente un design responsabile, che rinuncia all’inutile e proprio da questa rinuncia trae la capacità di immaginare come un tutt’uno bellezza e sostenibilità, tradizione e innovazione. È con questo approccio che abbiamo scelto, anche con la collezione AI 23, di fare la differenza.
Continua a seguirci e a leggerci per sapere di più sui valori che generano il nostro stile libero e indipendente.
Raccontaci come anche tu fai la differenza scrivendo a bedifferent@ilbisonte.net
Design responsabile
Utilizzare elementi funzionali come elementi stilistici e valorizzare la naturale consistenza delle pelli significa scegliere consapevolmente un design responsabile, che rinuncia all’inutile e proprio da questa rinuncia trae la capacità di immaginare come un tutt’uno bellezza e sostenibilità, tradizione e innovazione. È con questo approccio che abbiamo scelto, anche con la collezione AI 23, di fare la differenza.
Continua a seguirci e a leggerci per sapere di più sui valori che generano il nostro stile libero e indipendente. Raccontaci come anche tu fai la differenza scrivendo a bedifferent@ilbisonte.net