L’ultima nostra immagine di Nalleli Cobo è invisibile, perché privata. Non potrebbe entrare in un post di Instagram, come quello che stiamo immaginando sul profilo di un’eroina della Gen Z. Infatti non si posta una radiografia, o un’altra immagine scattata dentro la carne per trovarvi una malattia.
Il petrolio dall’ospedale.
Il fumo della Allen Drilling Company si era insinuato dentro Nalleli: un tumore: è la diagnosi che aveva ricevuto a diciannove anni, dopo un’infanzia asmatica nel quartiere di University Park, e scossa dagli spasmi muscolari e gli altri sintomi di una malattia al cui rischio era esposta un’intera comunità. Razzismo ecologico. People not Pozos. Chissà se dalla camera d’ospedale in cui è stata ritratta l’attivista si vedevano le distese danzanti dei pozzi petroliferi.
La doppia vittoria.
Epilogo. Dopo tre interventi chirurgici, Nalleli si è liberata dal tumore, ma ha perso la possibilità di avere figli. Dopo gli anni della sua lotta ambientalista, l’impianto di estrazione ha chiuso i battenti. E quel cartello lì esposto in due lingue (un avviso sull’inquinamento, o una minaccia a chi voleva combatterlo?) è stato levato. Levato non soltanto dallo sguardo del quartiere, ma davvero del mondo intero, di tutti quelli potrebbero conoscere la (doppia) lotta di Nalleli attraverso qualche post, magari di questo Journal.