Questa puntata de Il Bisonte Journal è la seconda dedicata alla cultura del cibo. Ci chiediamo quale sia il senso delle apparizioni culinarie nell’arte, quando a essere rappresentato è il nostro nutrimento.
Quando dipinse la Montagna di burro, in un anno imprecisato tra il 1875 e il 1885, Antoine Vollon cosa voleva comunicare? Il titolo del quadro lo aveva scelto lui, e in effetti ci sembra molto azzeccato. Lì sul tavolo, alla base del cartoccio o da dietro un uovo, ci si può aspettare di vedere sbucare un alpinista, pronto a scalare il dirupo giallo e salato. Questo tocco di burro, come fosse una scultura, è stato plasmato in un altro oggetto.
Tutto il contrario succede davanti alle Torte rivestite di Wayne Thiebaud, dipinte in serie per anni dal celebre artista americano. Esse non sono altro se non torte farcite e coperte di glassa sgargiante. Sono i ricordi della magra infanzia del pittore? O le vetrine di dolci e tramezzini che scorrono senza posa in un mondo fantasioso? Sotto le luci puntate dei musei, sono pronti ad accogliere lo sguardo che vogliamo rivolgere loro.
Il cibo nell’arte può essere molte cose diverse. Alle volte è un soggetto inerte, messo lì per colmare uno spazio vuoto. Altre è il protagonista indiscusso, e si serve dell’arte per celebrare la propria abbondanza. Altre ancora un personaggio minore, anzi proprio il più povero di tutti, e la sua presenza nell’opera sembra un appello contro la fame di qualcuno. Sì, tutto questo dipende dalla volontà degli artisti, dalla loro storia. Ma anche da quella degli spettatori del cibo nell’arte. Dunque, a noi la scelta.