Sul verso della loro prima pagina stampata, certi libri portano un marchio confortante. Il Forest Stewardship Council appone le sue iniziali verdi (FSC) in un angolo di quei prodotti di carta riciclata post-consumo, tracciabile, sostenibile tanto per la foresta da cui deriva (alla lontana) quanto per chi l’ha lavorata. Greenpeace ha lanciato da tempo una campagna, per mobilitare gli editori e gli scrittori attorno il tema del riciclo.
Ma a mobilitarci dovremmo essere noi lettori. Nemmeno a questo disastro mancano cifre da ricordare: ogni tre secondi è abbattuta un’area di foresta grande come un campo da calcio. In Italia c’è ancora un grande impiego di cellulosa a fibra lunga da alberi secolari. Ma perché questo dispendio naturale? Tutti i libri ingialliranno, su uno scaffale o attraverso molte mani, è la loro splendida natura.
La migliore carta riciclata non viene sbiancata con trattamenti inquinanti a base di cloro. Perciò, in un libro sostenibile, non si leggono soltanto le vite che racconta, ma anche le vite passate del libro stesso. Non più stampate sul bianco intatto, ma su una nuova sfumatura di bianco ghiaccio, o avorio, o antico, più dolce agli occhi.