Piplantri. Il nome del villaggio aveva già in sé quelli inglesi di pianta e albero, ancora prima di diventare famoso. Piplantri, Rajastan, nel continente indiano del nord-ovest. E Shyam Sunder Paliwal. Con quella musica che scorre tra le sillabe dei nomi indiani, non solo di quelli degli eroi. Shyam Sunder Paliwal, 111 alberi piantati, ogni bambina nata nel villaggio. Eppure non è così semplice come dicono le coordinate minime di questa avventura eco-femminista.
Eco-femminismo in Rajastan
Tre donne camminano nella foresta – è un video sul sito ufficiale del progetto di Piplantri. Camminano riccamente vestite, così come possono farle apparire i colori degli abiti e dei veli. Vanno di casa in casa dove una bambina è nata, con i fogli in mano di un contratto importante. In India è diffuso come una pestilenza il costume di abortire alla scoperta di aspettare una bambina, o di discriminare le bambine venute al mondo senza che abbiano preannunciato il proprio sesso (una legge vieterebbe infatti di riconoscerlo prima del tempo). Tra le conseguenze ci sono i matrimoni forzati e precoci.
L’idea di Shyam Sunder Paliwal
Il contratto che le donne vogliono fare firmare, e che leggono nel dettaglio alle famiglie, prevede che queste crescano le bambine come gli altri figli, che non le sposino prima dei 18 anni, e anzi che depositino in banca una somma che serva al loro futuro. Dopo la firma, di chi accetta o può permetterselo (per altri il dramma economico si aggiunge a quello culturale), avviene una cerimonia speciale: 111 alberi, un numero sacro all’Induismo, sono piantati nei dintorni del villaggio. È un ufficio anagrafe verde, e anche un libretto degli assegni, che dilaga nella valle di Piplantri.