In questa puntata de IB Journal, con l’occasione della Giornata internazionale contro le borse di plastica, riflettiamo sui buoni motivi (anche poetici) per abbandonarle.
E pensare che era nata per salvare gli elefanti…
Dalla lettura di Stop plastica a mare di Filippo Solibello si può apprendere anche questo. Che la plastica fu brevettata da John Wesley Hyatt nel 1869, dopo la vittoria del concorso per inventare un materiale alternativo all’avorio, istituito dal maggiore produttore americano di palle da biliardo. Al tempo si chiamava Celluloide ed era un miracolo della tecnica. E lo è tutt’ora. Ma ci sono due problemi. Il primo: la produzione di metà della plastica del mondo è avvenuta negli ultimi quindici anni. Il secondo: c’è un divario di secoli tra la vita attiva e la vita passiva di un prodotto di plastica. Provate a pensare all’utilizzo di una bottiglietta d’acqua in una giornata di agosto – se quella viene dispersa nell’ambiente, sarà ancora lì a sporcare il paesaggio dei nostri bisnipoti.
Allora: bandiamo la plastica!
Talvolta la soluzione è semplice. Nella giungla normativa sulla natura «bio» e «degradabile» dei sacchetti di plastica dei supermercati, l’Italia è stata una delle prime ad uscire, nel 2006. Dal primo gennaio 2020 sono bandite da noi anche tutte le microplastiche nei cosmetici: che non è poca cosa, visto che produciamo più del 50% del totale di questi, e possiamo indicare una via ecologica agli altri grandi ‘marchi di bellezza’. Così, si capisce che il 3 luglio scorso l’International Plastic Bag Free Day, l’appuntamento annuale per liberarsi dalle buste di plastica, nel nostro Paese si è celebrato un po’ più spontaneamente che altrove. E altre iniziative, sul lungo corso come Ban the Bag, o appunto come il libro di Solibello, SPAM. 30 piccoli gesti per salvare il mondo dalla plastica, sono dei memorandum altrettanto efficaci.
Come sempre, c’è anche una ragione poetica.
Oltre al danno alla bellezza del paesaggio e alla catena alimentare (i sacchetti non riciclati si distruggono in natura e finiscono nel nutrimento di molti animali), c’è un danno alla nostra stessa libertà. Siamo sicuri di voler trasportare gli acquisti di cui curiamo la scelta dentro contenitori così opprimenti? Come sempre (anche se al supermercato è più difficile da intuire), il contenitore influisce sulle cose contenute. Altrimenti perché compreremmo una borsa de Il Bisonte?