Giacomo Salizzoni sorride già dall’altra parte dello schermo. Dopo il Premio Galileo cosa è successo negli Orti dipinti? Troppe cose da riassumere nel terzo post di questa storia. Di recente, un altro premio: Save the City, Firenze, nel 2019. Ma il Journal de Il Bisonte non è per gli Orti una vetrina dei trofei da contemplare. Neanche quella di un botteghino dove affiggere la prossima programmazione. Già che ci guardiamo nella stretta cornice di una videochiamata, però, chiediamo a Giacomo: e durante il lockdown, il Community Garden?
La ricerca e gli affetti.
“Per sei mesi il nome ha perso in parte di significato. La pandemia ha tenuto lontani dagli Orti i volontari e i ragazzi del Centro Barberi. Ero il solo che ogni giorno potesse dare da bere alle piante. Ma il lockdown è stato più cose, anzitutto un momento di ricerca: quando si posano certi impegni si può indirizzare l’energia alla creatività, alla scoperta di cosa può offrire di più il giardino: per esempio è nato a quel tempo il nostro sapone naturale.”
“Forse è normale che l’isolamento abbia offerto momenti di vicinanza agli affetti. Spesso venivo a lavorare negli Orti con mio figlio piccolo. La cura insomma è stata reciproca. Qui le persone e le piante coi loro bisogni si incontrano, non so se mi spiego.”
Le radici dei giardinieri.
E riaperti i cancelli? La risposta era ovvia. La voglia di uscire di casa e la bellezza del luogo dovevano ripopolare il giardino di comunità. Ancora, la rinascita del verde e di chi se ne occupa. Eppure sul tono entusiasta di Giacomo passa un’ombra. In oltre dieci anni sono stati oltre mille i volontari negli Orti. Questi di certo sono capaci di mettere davanti agli ideali ecologici un progetto in cui sporcarsi le mani, far crescere obiettivi concreti, stabilire contatti, diffondere conoscenza. Più del guadagno di visibilità, oggi, serve far mettere radici profonde anche ai giardinieri di passaggio: è così?
Finito il tempo della videochiamata, resta quello da spendere negli Orti dipinti. Con tutte le loro storie.